lunedì, luglio 06, 2009


PERCHE' NEL BJJ SI RICERCA
SEMPRE E COMUNQUE LA SOTTOMISSIONE

Prendo spunto, come spesso accade, da fatti/fattarelli della mia vita privata allo scopo di illustrare un argomento.

Durante un servizio di sicurezza (ogni tanto ancora ne faccio) ero di scorta assieme a 2 validi amici, operatori esperti e preparati nello striking. Si capiva che per entrambi, seppur non del tutto ignari della "lotta" e del JJ, risultava abbastanza ostico il concetto di finalizzazione/sottomissione. Ciò è del tutto comprensibile, visto che le finalizzazioni sono poco utili nel lavoro di security e nelle risse molti vs. molti in generale.

Per quale ragione allora il BJJ, che è un sistema versato nella DifesaPersonale e nato per il combattimento reale, disconosce l'uso sistematico delle percussioni e si 'fissa' su leve e strangolamenti?

La ragione è che nel combattimento 1 a 1 la maggior stazza e aggressività risultano statisticamente sempre troppo determinanti, e mentre è comprensibile che dei combattenti scafati, buttafuori di mestiere e sui 100kg di peso, siano raramente dalla parte della vittima, la vera situazione di scontro medio vede l'aggredito:

1) essere più piccolo e magro
2) ricevere il primo colpo/spinta
3) subire la pressione emotiva più dell'aggressore e vedere andare in fumo il 99% delle doti marziali eventualmente possedute

Dunque il JJ, che si è evoluto come metodo di combattimento REALE, si è specializzato nel utilizzare la tecnica la suolo per avere la meglio su aggressori REALI (non da palestra) che per buona percentuale delle volte avranno messo il povero cittadino modello col culo per terra all'inizio. Una volta al suolo, a distanza zero, dove il jitsuka lavora strenuamente per il controllo posizionale, l'intero universo dello striking scompare e i colpi diventano più che altro grimaldelli tramite i quali infilare le sottomissioni.

Un vero combattimento, uno in cui ci sia in palio più che l'ego di 2 adolescenti, non si ferma per un colpo strisciato in testa, una persona grossa e magari ultrapippata può assorbire sul momento anche bei bombardoni sui denti e continuare a combattere, magari ribaltando il corso degli eventi e mettendoci pericolosamente sotto. Ecco perché il jitsuka intende finire lo scontro e mettere il nemico in condizione di non nuocere definitivamente: non si incassa uno strangolamento o un arto rotto.

Questa logica stringente implica una specializzazione nell'arte del grappling, e come uno si specializza è inevitabile che perda di vista ALTRI skills parimenti eccellenti; l'insegnante onesto lo sa ed evita di manipolare l'allievo, e si limita a diffondere quello che per lui -legittimamente- è ciò che di meglio si può imparare ma senza denigrare altri metodi "di origine controllata" che hanno -alla pari del BJJ- dimostrato nei secoli la loro validità.

Per quella che è la mia esperienza, un forte grappler ha una delle migliori basi in assoluto per il combattimento reale, e la sua costante capacità di minacciare l'avversario con tecniche 'senza ritorno' gli dà una forza d'animo e una pressione in avanti che lo striking, per sua natura, non può dare che a un minuscolo numero di persone geneticamente predisposte. Ciò non toglie che una persona seriamente interessata al combattimento reale (Difesa Personale compresa), possa evitare si studiare lo striking: Pugilato e Muay Thai et similia, senza ombra di dubbio. Saper infliggere percussioni e ancora di più saperle pigliare sono abilità NON eludibili per il serio ricercatore, sia detto ancora una miliardesima volta.

La verità però è che in vita mia non ho mai conosciuto nessunissimo esperto di grappling (qualunque stile) che negasse la validità della Boxe e di un bel destrone in sul mento, mentre accade di sovente il contrario. Vuoi per la sua immediatezza, vuoi per la sua maggior spettacolarità lo "striking" è noto anche alla Zia Pina in val di Fiemme, mentre armlock dalla montada ovviamente no.. è e resterà sempre una visione del combattimento ad appannaggio di meno persone in generale, nonostante statisticamente sia più efficace.


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