martedì, febbraio 22, 2011


E LA BOXE NELLE MMA?



"Ciao Mario,
sono uno scarso ma assiduo praticante di pugilato e seguo le MMA dalla loro nascita e da sempre mi ha richiamato l'attenzione la pochezza della preparazione pugilistica dei contendenti.

Se togliamo l'Alessione nazionale,che affezione degli spiumini alle mani a parte,è l'unico che sappia veramente boxare,gli altri sembrano tutti dei brawler da bar...
Avendo fatto qualche lezione qua e là di lotta e bjj non mi so spiegare se la mancanza di preparazione nella boxe derivi dalla differenza di postura imposta dalla lotta o dalla mancanza di tempo per allenare questa distanza.
Tu che sei sicuramente più esperto di me e di molti riesci a spiegarmi come mai praticamente nessuno dentro le gabbie tenga una guardia decente e riesca a portare una tripletta degna di questo nome? Tra l'altro sono tutti atleti mostruosi e non gli ci vorrebbe molto...

Ti ringrazio anticipatamente.
Ciao
Marco."

Prendo spunto da questa interessante domanda rivolta dal lettore del blog per asfissiarvi con altre mie considerazioni a ruota libera.

"Non si può pre-cepire quello che non si riesce a con-cepire" è una massima che ogni uomo al mondo dovrebbe ripetersi allo specchio ogni mattina, per rammentarsi sempre quanto sia l'occhio di chi guarda a sbagliare il 99,99% delle volte nella valutazione.

Il nostro simpatico Marco è un pugile, guarda le MMA ma non vede con la mente cosa sta accadendo. Riporta cioè tutto a un suo schema, esamina un'attività della quale non ha né esperienza diretta né addestramento specifico. La sua è una domanda non solo legittima ma anche interessante, e io lo ringrazio dell'averla fatta, non lo sto denigrando. Anche io tanti anni anni fa, quando fui striker e studente di pugilato ebbi la medesima impressione,e mi ci vollero le proiezioni e le finalizzazioni prese sulla mia pellaccia per capire davvero quanto i miei insegnanti mi stavano ammaestrando a voce.

Vi ricordo che ho scritto centinaia di articoli per spiegare come il lottare sia non solo la base di ogni combattimento disarmato umano per definizione, ma anche come mai nel caso specifico delle MMA la lotta -in piedi e al suolo- sia la parte dominate del bouquet di abilità che si necessitano per vincere. Negli ultimi tempi ho anche spiegato come l'attuale dominanza del Wrestling sia determinato da ragioni regolamentari pure (guantini, rounds, necessità della Tv etc.). Basterà comunque analizzare il curriculum dei principali campioni e l'andamento dei match più significativi per capire che il grappling domina le MMA per un buon 70-80%. I migliori striker nell'ottagono sono - con poche lodevoli eccezione tipo Anderson Silva- per paradosso tutti grapplers riconvertiti. E'un dato di fatto, così come è un fatto che di pugili passati con successo alla gabbia non ce ne sono. Perché? Tutto ciò appare ancora più assurdo se si nota quanto importante sia l'abilità nella Boxe nel determinare vittorie e carriere nelle MMA, e di quanta enfasi si ponga nel ricercare i migliori professionisti del settore per migliorarsi da parte dei campioni.

Ricapitolando: la Boxe conta sempre di più nel 'mixed' però i pugili fanno figure barbine e i megacampioni, iperallenati nella Noble Art e superseguiti dai migliori coach di Boxe sulla piazza non incidono questa gran impressione sulla retina dell'appassionato. Perché?


E' la la lotta in piedi che decide dove va il match; il wrestling consente di tenere giù lo striker e su il jitsuka, dunque è la meta-abilità che legga i tre aspetti delle MMA, e non è a questo punto difficile capire come gli atleti provenienti da questa modalità siano i più numerosi a fare bella figura ingabbiati. Ciò però non spiega come mai buoni pugilotti amatoriali non inondino i ranking delle leghe minori imparando a lottare nelle accademie, e soprattutto non ci dice come mai i supercampioni (allenati dai meglio maestri) sul più bello non mostrino quella tecnica leziosa di cui invero sono capaci in allenamento.

L'ho già spiegato: lottare corpo a corpo non è uno sport, non è solo una tecnica appresa ma un vero e proprio istinto naturale, che gli sport di lotta codificano e basta. Colpire invece è un abilità solo in piccola parte innata e quindi per radicarla va impresso sin dalla giovane età un comportamento artificiale e cioè fissarsi sull'allontanare l'altro. Un gran pugile è come un ottimo grappler: qualcuno che si allena sin da bambino; ma l'abitudine a clinchare e rotolarsi con gli altri se repressa nell'infanzia dopo è quasi impossibile da re-inzializzare nell'adulto. Io come tutti i coach so per esperienza che a qualunque bravo wrestler gli si insegna un'accettabile infarinatura di striking in poco tempo, mentre è un'impresa quasi disperata riuscire a installare un passabile lavoro di lotta a pugili stagionati. Il fisico, gli schemi motori dei grapplers sono anni luce superiori alla riconversione nel lavoro misto, e quindi i pugili puri, tecnici, saranno sempre pochissimi nell'ottagono. Combattere per l'essere umano è al 90% lottare, l'uomo è un grappler naturale, lo sapete.

Per via di un evidente progresso tecnico dello sport, quando i lottatori degli stili dominanti -wrestlers diventati bravi a terra e jitsuka capaci a proiettare bene- è ovvio che il qualcosa in più lo darà quello che eccede dal paniere, e quindi lo striking! Dunque i campioni debbono imparare a muoversi sciolti e a scambiare come un bravo pugile, ma non avranno mai la bellezza e la fluidità di chi fa solo&soltanto quella modalità, mi pare evidente. Inoltre, ed è un passaggio determinate per la comprensione del discorso, colpire nelle MMA è molto diverso da quando non si rischiano i takedown, i calci bassi e le ginocchiate.

Al simpatico lettore Marco e ad altri eventuali appassionati di striking che NON CAPISCONO che quello che succede nella gabbia non può replicare quello che si vede al K1 o nei mondiali WBA, ricordo che è normale fare di questi errori di valutazione. Tutti noi giudichiamo in base a quello che sappiamo, e la mancanza di esperienza diretta uccide qualunque briciolo di oggettività. Io mi ricordo quando, al tempo in cui insegnavo Muay Thai,
partecipai al corso per allenatore di Boxe
FPI ; eravamo in molti a provenire dalla Kickboxing (vari stili) e coi pugili puri -in minoranza- si creò attrito in quanto ci guardavano dall'alto in basso. Dai e dai nelle infinite domeniche chini sui test si sprigionarono scintille e il miglior amatore dei pugili, un solido atleta in attività, tecnico e con tantissimi match all'attivo, disse apertamente che sembrava a lui che di noialtri "
nessuno tenga una guardia decente e riesca a portare una tripletta degna di questo nome".

Gli fu spiegato che non era così, che quando cambi e ampli il registro tecnico ai calci frulla diversa la festa ma niente: scattò la sfida. Siccome io di situazioni del genere ne avevo già viste succedere molte causa ahimé l'età, non fui sorpreso da quello che accadde. Nella pausa pranzo il pugile si misurò con un coach di Muay Thai a riposo, più basso e parecchio più in là con l'età. Come andò? Il tecnico pugile poverino cominciò a rimediare una selva di zampate nelle cosce e ginocchiate, andò subito in bambola e si sbragò total
mente, diventando brutto a vedersi -senza guardia e coi colpi singoli a smanacciare- finendo barcollante sulle gambe, senza compasso e a braccia basse come un pischello al primo giorno di ring mentre il kickboxer, intoccato, danzava elegante sulle punte tipo Cassius Clay.

La morale del succitato ragionamento: é ovvio che chi deve allenare quattro modalità più il bouquet specifico delle MMA non avrà il tempo di perfezionare la sola Boxe come uno specialista e che quindi sarà mediamente meno bravo in quello. Ciò detto è bene però capire che anche il più tecnico dei pugili messo nell'ottagono dovrà per forza modificare la sua arte dei pugni e renderla sparagnina, cambiare la guardia per difendere le proiezioni e i calci. All'occhio inesperto SEMBRA che siano scarsi a muovere le mani, ma il competente nota invece l'enorme abilità di quei campioni che a Marco paiono grezzi, e cap
isce l'incredibile tecnica che richiede colpire con l'efficacia di un BJ, un Carwin o un Velasquez in quei frangenti.

I migliori KO nelle MMA sono stati storicamente messi a segno quasi sempre da forti grapplers come Fedor, e prevedo che il trend continuerà, così come aumenterà l'importanza del miglior allenamento possibile nel pugilato d'élité.

giovedì, febbraio 17, 2011


EVOLUZIONE E CRESCITA DELLE MODALITA':
LA LEZIONE DEL JIU JITSU


Vi ricordate i bei tempi dell'UFC 1? Prima delle moderne MMA, cioè quando era stile X contro stile Y? Molto più interessante, non è vero?

Il confronto tra sistemi definiti e riconoscibili era assai più epico e intrigava maggiormente che le stratosferiche cage arts di oggi, quelle dove tutti sanno fare tutto e dove quindi si perde molto dell'interesse a favore della prestazione. Il campione attuale dell'UFC di ora si farebbe solo 4 risate se lo tempo-teletrasportassimo al posto di uno dei contendenti del primo UFC, da quanto enorme è stata la crescita sportiva in 18 anni.

Andando bene indietro con la memoria però, aiutati dai video, si possono fare delle considerazioni ben precise sulle discipline interessate. Al suo esordio il BJJ devastò l'auto-stima dei tradizionalisti e, sconvolgendo le previsioni degli ignari, ebbe vita facile, dimostrando per prima cosa quale differenza di efficacia ci fosse tra un'arte davvero da combattimento totale e le cosiddette "fantasy-based martial arts". Il Jiu Jitsu poi s'impose con netto stacco anche sulle altre 3 modalità che poi confluirono nella metasintesi intermodale successiva, le Mixed Matial Arts odierne per l'appunto:
1) Lotta Olimpica
2) Muay Thai
3) Boxe

In questi giorni riflettevo su quanto spaziale sia il livello di incremento tecnico-atletico nel BJJ rispetto alle altre tre consorelle.

Non temo smentita osservando come un Jacarè oggi potrebbe battere usando una sola mano il povero Royce Gracie del 1993 anche con il rachide diviso a metà. L'uomo che allora era invincibile adesso verrebbe orrendamente stuprato nel BJJ e nella gabbia da TUTTI i suoi paripeso campioni del 2010, annodato come una cravatta e buttato a lato tatami/ring tipo straccio!

Possiamo dire la stessa cosa delle altre modalità?

Esiste oggi un champ lottatore che giocherebbe con Karelin o un pugile che si trastullerebbe con Tyson? NO. A detta di tutti gli esperti i super-campioni emblematici del periodo storico da me usati come esempio non trovano nessun personaggio odierno che li possa emulare, e anche in generale il livello globale della competizione e della tecnica nelle singole modalità è inferiore (la Boxe in assoluto).

L'accrescimento che è intercorso in pochi anni dal suo boom nell'arte suave è a velocità superluminale, mentre le altre arti -al tempo già sviluppate- sono rimaste statiche o hanno forse indietreggiato. I motivi di questo palese staus quo sono tanti e diversificati, ma contribuisce parecchio a mio modo di vedere il fatto che il Jiu Jitsu con il suo registro tecnico potenzialmente infinito e l'organizzazione federale multicentrica -non esiste un CIO onnipotente del BJJ e/o un regolamento in mano a pochi vecchi barbogi- dà la possibilità d'espressione a molte più persone e personalità. Il progresso stratosferico che c'è stato tra Royce e suo nipote Roger Gracie non vede nulla di simile da Cassius Clay a Klitschsko perché anche e soprattutto il Jiu Jitsu non pone i limiti mentali e settari pronunciati che gli estensori delle modalità mettono ai loro sport.

Nel Jiu Jitsu ha certamente fatta tanta strada e più rapidamente per il fatto che le consorelle quando lui è esploso erano già arti ben sviluppate e ramificate a livello mondiale, questo non lo sto certo a negare, ma la triste china discendente che certe arti hanno in termini di presa sul pubblico e di livello loro medio è sicuramente dovuta alla malagestione che un atteggiamento "confessionale" necessariamente procura. Quando si dice - e penso ad es. al bellissimo Judo- che quella tecnica è ideale e immodificabile perché l'ha detto sensei Kano 120 anni fa- si entra dritti dritti nella sètta marziale, e le sètte sono a loro volta rette da uomini furbi e ottusi. Il sancta santorum del Judo presso il CIO infatti ha tutto il diritto di modificare ogni 3X2 il regolamento, fino alle scelte più illogiche e autodistruttive, motivate dall'impedire quel NECESSARIO cambiamento che però annienterebbe la casta sacerdotale che di quella chiusura vive.

La nascita, la crescita e le inevitabili decadenza e morte sono patrimonio comune di tutti gli esseri viventi, siano essi mono, pluricellulari o sociali come un'arte o associazione di uomini. Per evitare la scomparsa di una specie la Natura ha inventato la riproduzione, la creazione di un nuovo individuo che porta con sé il DNA del genitore avanti nel futuro. Il Jiu Jitsu al momento dimostra di avere la vitalità dell'essere giovane ed energetico, e infatti ha generato le MMA e una ridda di sue sottovarianti. Per impedire l'irrigidimento e la morte senza rinnovamento i praticanti, i maestri e i supporters devono vigilare sull'emergere di figure di "illuminati" omniscienti, di caste totalitarie (endogamia) e spronare invece sempre all'apertura mentale e alla ricerca senza infingimenti teocratici della sola efficacia in combattimento.

venerdì, febbraio 11, 2011


IL JIU JITSU E LA PEDAGOGIA dell' ABBRACCIARE



Come ho spiegato in tutte le salse, il Jiu Jitsu e in generale le lotte sono giustamente considerati metodi educativi d'eccellenza per i giovini. Il Judo in Italia ha per fortuna un discreto successo tra le masse analfa-televisionizzate e ancora regge, mentre la Lotta Greco-Romana e Stile Libero - il miglior sport al mondo per i ragazzini dopo il BJJ- è stato 'suicidato' dalla riprovevole casta ladrona imposta dal nemico occupante.

E' quindi tutto sommato, non si sa bene perché, diffuso anche nella povera italietta, servitrice peggio di Mirandolina, il senso di portare i fanciulli sulla materassina. Ho la sensazione che perlopiù si tratti di un modo pecoresco di trovare la maniera di sbolognare il pargolo un par d'ore, ma certo ci sono eccezioni. Il lottare ancora ispira le famiglie e forse per qualche anno a venire ci sarà spazio per diffondere il Jiu Jitsu tra i minori (come anche noi di Centurion stiamo facendo).

Dozzine di volte ho ricordato che la Lotta è stata la base educativa di TUTTE le civiltà elevate e quindi sorprende un pochetto che la devastata barbarie nostrana abbia un milligrammo di sostanza similare all'Atene periclea, alla Roma di Augusto, quindi non mi resta che star lì ad analizzare il motivo fondante della centralità delle arti dell'abbracciarsi.

Cominciamo dal DNA. La specie umana e molte dei mammiferi hanno nella lotta il principale metodo interattivo tra i cuccioli. Lottare NON è uno sport, basta osservare dei leoncini o dei gorilla nei documentari per capire che il gioco e l'apprendimento sociale e motorio sono veicolati da questa attività geneticamente programmata.

In seconda battuta si ricorda che la mano umana è priva di uso naturale percussivo, è uno strumento delicatissimo e di finezza estrema, e che a noi mancano gli artigli o le zanne: l'essere umano è un grappler naturale. Qualunque uomo inesperto preso dalla fregola omicida attacca un suo simile come un jitsuka senza tecnica: mena ceffoni e calcioni, chiude la distanza e si avvinghia, portando l'avversario per terra dove cercherà la 'finalizzazione' strozzandolo o il ground&pound d'ignoranza: lottare è senza ombra di dubbio la maniera umana geneticamente programmata di combattere a mani nude.

In pratica lottare è spontaneo e quindi una pedagogia che non lo disciplinasse e ordinasse sarebbe come minimo demenziale. Una società priva di lotta sarebbe una società malsana e sghemba, e infatti NON esiste una cultura per quanto periferica e microscopica che non veda i cuccioli d'uomo lottare e gli adulti 'gareggiare' nel loro modo naturale di stabilire la gerarchia. Certo non vi sfuggirà che in tutte le lingue "lottare" è equivalente a combattere, contrastare qualcosa e qualcuno, e che non ha nessuna sinonimìa con giocare, divertirsi, svagarsi. Si gioca al calcio, alla bocce e al dottore ma non si gioca alla lotta.

Il bambino impara a vivere rotolandosi con gli amici, impara gli schemi motori necessari alla sua crescita e apprende a situare se stesso all'interno del gruppo di suoi pari: lottare è INDISPENSABILE. Cosa insegna questa attività intrinseca della nostra specie, oltre che schemi motori e abilità combattive? Insegna a PERDERE. Attualizzando la sconfitta a ogni allenamento, inquadrandola e radicandola all'interno di un contesto 'regolamentato' il piccolo uomo esegue quella forma di autoeducazione che il Cosmo ha previsto per noi. Scherzando con la lotta in realtà esegue il più serio di tutti i compiti, la stabilizzazione della personalità tramite trial&error, dando al pulcino in kimono una strategia per abituarsi al contatto fisico con l'estraneo e gestire così la sua dipartita dal castrante ancorché amorevole abbraccio materno. Percuotere infatti è un allontanare e nella crescita il bimbo ha un bisogno assoluto della sensazione opposta, ci essere capace di abbracciare un forestiero senza timore, di stare sulle sue gambe in un turbinio ormonale e sentirsi in grado di gestire lo schockante tocco di un 'nemico'.

La società intera quando sana poggia su di individui psicologicamente equilibrati, di uomini con le controsfere, mondati il più possibile dalla frustrazioni e dalla piccole paure ma che dall'eccessiva e pericolosa aggressività che contraddistingue chi non ha avuto figure maschili di riferimento durante il suo sviluppo. Adulti dotati di temperanza e gravitas l'hanno appresa crescendo dal padre, dai maschi della famiglia e da tutta una serie di istruttori alla mascolinità che le culture tradizionali d'ogni era hanno specificamente individuato negli istruttori marziali/militari. La razza umana è un specie di cacciatori di gruppo, come lupi o sciacalli, ed è strutturalmente necessario che la normale tendenza al lavoro di equipe sia cementata da attività in cui i singoli membri del gruppo si scontrano senza eccessive ferite, al fine di enucleare il leader e le potenzialità dell'asse gerarchico.

L'adulto ha programmato geneticamente la necessità di insegnare il suo vissuto alla nuova generazione quanto il virgulto di apprenderlo, ed è solo nella lotta che l'arte del corpo -come prevista da Madre Natura- può essere davvero passata dal vecchio al giovane. Insegnare così come apprendere è un tratto geneticamente predeterminato nei mammiferi, l'essere umano nasce scolaro e maestro, e il suo codice genetico vuole che insegni tramite suoni e gesti, soprattutto con il tatto oltre che con la vista.

Il Jiu Jitsu, mercé la genialità dei maestri, è arrivato a noi quale forma culturale specifica che però incarna un tratto naturale a-specifico, il prendersi e rotolarsi assieme. La naturale morbidezza e cedevolezza dei cuccioli nel gioco-lotta è stata osservata, codificata e applicata creando un metodo che trasferisce le qualità ludiche in un contesto di sopravvivenza, risultando quindi più immediato e funzionale di altri sistemi in quanto istinto geneticamente programmato e non costruzione razionale senza base forte nel DNA.

Molto spesso si sente dire, e con buona ragione, che solo nel Jiu Jitsu brasiliano (o naturale che dir si voglia) è regola che un praticante minuto ma esperto sconfigga con facilità un grosso ma rozzo principiante, senza sforzo muscolare apparente. L'osservazione diretta ci conferma che schizzetti di 60 kg attorcigliano prendendoli di tacco pesisti di 100kg senza addestramento specifico, e tutto ciò senza la necessità -ineliminabile nelle arti di striking (o culturali)- di dover fare male al grossone di turno. Questa morbidezza e tranquillità sono il tratto distintivo di un metodo che crea forti strutture di sostegno nella psiche dell'atleta, di un'arte che confacendosi alla natura umana più vera migliora l'adepto sotto tutti i punti di vista (soma, psyke, nous) e dunque adempie alla richiesta di qualunque pedagogia illuminata.





domenica, febbraio 06, 2011


SEMINARIO CON ALESSANDRO TOMEI
REPORT


E anche questa è fatta.

Il team centuriato ha organizzato un altro appuntamento con un portentoso atleta cintura nera nel giro di poco dall'ultimo svolto. Il mio vecchio amico Sandrino è sceso al Girone per un gustoso seminario in compagnia del suo sodale romanaccio cintura marrone Dario Bacci e un allievo.

I numerosi adepti dell'arte suave lì convenuti sono stati deliziati dalla tecnica sopraffina del giovane campione, che si è concentrato sul passarci alcuni strumenti di lavoro che hanno reso celebre e vincente la scuola del suo insegnante, Ricardo Vieira. In particolare è stata sviscerata la tematica della presa della schiena.

Drills, esercizi tematici, piccoli trucchi agonistici e altre maliziuccie sono state illustrate con grande chiarezza e pazienza, sì che alla fine del seminario tutti i presenti sono stati in grado di replicarli passabilmente. Finale classico con sparring a gogò e AC/DC a tutto volume.

E'stato per me emozionante ospitare un amico e un sempai (Alessandro ha iniziato alla Tribe di Roma non molto prima di me a praticare BJJ) e seppur questo non è stato il primo seminario con una cintura nera allieva del mio maestro -esordì Mezzokilo l'anno scorso- è stato certamente toccante poter dare spazio a un nostro vanto del made in Italy, un fratello di pratica che si è creato il rispetto e l'ammirazione dentro un'accademia tra le migliori al mondo. Ho spiegato con prosaica durezza ai ragazzi che io, al loro posto, tanti anni fa avrei dato la verginità per poter imparare da e questionare una cintura nera addestrata nell'epicentro mondiale dell'arte, di quanta strada sia stata fatta dal nostro network tecnico per offrire momenti come questo, e di quale valore umano abbia per me la trama di rapporti personali che questo sport mi ha consentito d'intessere con personaggi di valore assoluto.

A breve il Centurion ospiterà altri maestri dotati, stay tuned.

giovedì, febbraio 03, 2011

LE PAROLE DI UN MAESTRO


Grazie alla segnalazione del Tisi-nazionale, ho avuto accesso a questa video intervista di sensei Yuki Nakai.

Conoscevo Yuki dai lontani eroici tempi in cui combatté con Rickson, e ne ho seguito le orme come facitore di campioni nonché esponente più in vista del Gracie Jiu-Jitsu in Giappone. Alcuni amici e il mio allievo Filippo Fioretto si sono allenati da lui a Tokyo, rimanendo molto contenti e dell'accoglienza di Yuki e della bella atmosfera aperta ai gaijin del suo dojo (a detta di tutti molto rara in nippolandia).

Vi propongo questo filmino perché è così che io intendo quasi tutto e del BJJ e delle MMA, una visione non materialistica e spirituale dell'arte e del suo significato, in una mirabile sintesi che unisce antico e moderno, dando spazio alla VERA tradizione seppellendo l'ottuso tradizional-oidismo mongoloidizzante.

Persone così sono tesori viventi e in un'epoca in caduta libera di significati profondi per la gente rappresentano vere e proprie "scialuppe umane di salvataggio".

OSS Sensei, grazie.