venerdì, maggio 25, 2012


SONDAGGI SUL TATAMI: 
CONOSCERE LE PROPRIE MOTIVAZIONI

Ho il piacere di avere degli allievi molto svegli. Ragazzi molto seri, con cui è un piacere discutere. Il vero privilegio dell'insegnare è quanto s'impara, in verità.

In questi giorni post-Italian Open, più rilassati riguardo allo sparring, ho riportato la barra sulla tecnica e anche sulla conoscenza dell'arte in sé.

Come ho spiegato fino ad annoiarvi, il Jiu Jitsu in qualità di disciplina marziale ha il compito di formare la persona umana nella sua totalità, corpo-anima-spirito. E' quindi di fondamentale importanza che oltre il mero lato agonistico e fisico-atletico, il jitsuka conosca le componenti storiche, psicologiche, e di introspezione del BJJ.

Mi sono soffermato a riflettere a voce alta su quali siano le motivazioni profonde del perché io pratichi, e ho dato come compito a casa ai miei giovinotti di formulare una risposta articolata, modello tesina a voce, in quanto credo che un uomo libero debba necessariamente sapere (e saper spiegare ad altri) le ragion i delle sue scelte.

Ho premesso che risposte flash tipo "Perché mi piace" o "Perchè il giugizzu è forte!" porteranno direttamente alla pedata nel deretano, e che una superficiale attitudine su tema siffatto NON sarà tollerata. Riuscire a guardarsi dentro è lo scopo alto del Jiu Jitsu, l'aumento di coscienza insomma.

Voi amici lettori avete davvero meditato sul perché fate quello che fate? Avete avuto il coraggio di dirvi la verità?





sabato, maggio 19, 2012




A CHE SERVE LA CINTURA?

E giù tutti a rispondere tra il serio e il faceto con l'ormai celeberrima massima tratta dal nerdissimo Karate Kid: "A tenere su i pantaloni!".

Il che è corretto.

Nelle arti pseudomarziali fantascientifiche (tradizionaloido-fossili) è notorio che si è fatta una divinità della cintura/grado, eccedendo il livello dell'idolatria e sconfinando nella paranoia pura. Adulti che cianciano di strisce di cotone o lignaggi per anni, litigandosi pure su di essi, insomma cose orribili.

Come nasce sta cosa delle cinturette colorate, che fine ha? Possiede un senso ulteriore rispetto al semplice ingolosire i gonzi con avanzamenti gerarchici farlocchi? Come si pone il BJJ rispetto a questo tema?

Cominciamo dalle base. Un Gi(kimono) non è nient'altro che un abito, comune a tutte le culture del mondo: casacca, pantaloni, uniti da una cinta. E' una tuta, un abito da lavoro (allenamento).

L'idea della cintura nera per il sensei venne a Jigoro Kano, che la propose quale simbolo di maestria. Poi Kawaishi, anch'egli judoka, inventò quelle colorate in progressione per stimolare gli allievi, francesi ed europei all'inizio. Oggigiorno la dazione delle "cinture" è diventata un business e una vergogna per le arti marzialoidi.

I puristi sostengono che i veri combattenti, tipo pugili e lottatori olimpici, non sanno di cinture e che il valore nel combattimento e la professionalità nell'insegnare debbano venir valutati dal curriculum dell'interessato. Il BJJ però utilizza il sistema dei colori, ed è risaputo ovunque che in quest'arte marziale conseguire un grado è un lungo e doloroso processo.

In linea di principio hanno ragione coloro che sostengono l' inutilità delle cinture per determinare la qualità di un atleta. E' ovvio che una fascia di cotone in vita non dice nulla di una persona in sé. E' però anche vero che il sistema delle cinture permette di gestire la progressione di studio all'interno di movimenti molto ampi, di caratura mondiale, e che assicura un minimo di equità nel matchmaking agonistico. Le serie e le categorie degli SdC molto spesso sono farsesche, e si assiste per es. a Campionati Italiani di specialità in cui dei professionisti delle forze armate si baloccano con reali amatori, e ciò è ingiusto.

Ritengo che, bimbi a parte, delle cinte si potrebbe benissimo fare a meno e che l'attuale andazzo delle arti non realistiche di dare senza merito cinture nere a ogni sorta di mancamentato, con avanzamenti stile ministero le ha svalutate. Nel Jiu Jitsu una nera invece significa ancora molto, il conservatorismo estremo nella concessione dei gradi per adesso regge e dà un significato a quel tessuto pigmentato girogiro intorno alle anche. In fondo la cinta farlocca in un'arte dove si lotta sempre è quasi impossibile, scapperebbe fuori subito rendendo, ridicoli gli organizzatori della fallita truffa.

Pollice su per le cinture colorate nel BJJ, per adesso. Sempre ricordandosi il detto brasiliano che recita "La cintura ti copre solo qualche cm del tuo culo, il resto lo devi parare te".



giovedì, maggio 10, 2012


LOTTARE HUMANUM EST

Prendo spunto per questo post da un articolo che gira sulla rete in questi giorni. E' ad opera di Massimo Fini, uno dei pochissimi giornalisti italiani che si distingua per originalità e assenza di servilismo nei confronti dei poteri forti. 

Leggetevelo, è sapido:"Delio, elogio del cazzotto "una tantum" su http://www.massimofini.it/articoli/blog

Sono concetti sacrosanti e che il vostro blogghista qui presente veicola anche lui da anni. Una precisa scelta delle congreghe mondialiste tese alla dittatura globale ha ragionevolmente -per loro- inteso annichilire ogni radice profonda e culturale e del gruppo di appartenenza dei popoli, puntando con particolare fervore alla struttura psicologica dell'individuo.

Togliere la stabilità alla persona umana è prerequisito necessario per ottenere quella massa di schiavi felici, ammorbati dalla tivvù, gentaglia che è così debole e insicura da nemmeno sognare di ribellarsi, ma manco per scherzo. Debole di corpo e di mente uguale servo contento di esserlo, e giù di grandifratelli, partite di pallone truccate etc.

Chi e cosa odiano i padroni del mondo sopra ogni cosa? Qualunque istituzione, disciplina e forma culturale che amplifichi la coscienza e renda l'umano Uomo. Dunque in primis vanno resi imbelli i cittadini, con una svariatissima gamma di furbate.

I nostri contemporanei italioti, grassi e mosci, annegati sin dal concepimento in cibi inidonei e privati della figura del Padre (per non parlare della Patria), sono diventati un ircocervo, cioè una figura mitologica di quart'ordine, femminei nella psiche e nei comportamenti. Quel popolo che sottomise il mondo ora s'ingozza di schifezze (anche droghe) e s'aggira disperato per centri commerciali ricolmi di merci inutili che quella marmaglia adorante ormai non può più nemmeno permettersi: follia collettiva pura.

Un punto autobiografico dell'articolo di Fini vorrei evidenziare:
"Due giovani italiani, un ragazzo e una ragazza sui trent'anni, hanno incrociato un albanese che ha squadrato dalla testa ai piedi, con insistenza, la donna, in un modo oggettivamente offensivo. Il ragazzo si è permesso di dire qualcosa all'albanese che lo ha ripagato con un tremendo ceffone. E il ragazzo, tenendosi la guancia: “Ma no, parliamone...”.

Ho assistito anch'io a scende invereconde del genere e piango su come ci hanno ridotti. Un maschio adulto italiota messo così male da aver perso del tutto la dignità basilare, nemmeno in grado di difendere la sua donna e la faccia davanti a colei.

Io vi chiedo, amici, secondo voi sarebbe arrivato non dico al ceffone ma all'offesa quel buzzurro, con davanti uno dei nostri lottatori cintura nera, collo smisurato e orecchie sfondate? No, sarebbe girato ben alla larga, ve lo dico io. I vili si approfittano della pecora, ma col lupo evitano al 100% di mettersi a confronto. E se ottenebrato dall'alcool ci si fosse provato, avrebbe rimediato una lezione di portata esistenziale, altro che "parliamone".

Per tentare di salvare la nostra collettività dalla tirannide orwelliana è in-dis-pen-sa-bi-le opporsi con tutte le forze della nostra anima. Ma se siamo deboli e codardi, cosa opporremo?
Buttate la tv, bucate i palloni e portate i vostri figli su un tatami, è una guerra cosmica che ci vede impegnati.


lunedì, maggio 07, 2012


TOGLI IL KIMONO, METTI IL KIMONO

L'altro giorno ho avuto un'ennesima discussione con un amico a riguardo delle arti pseudomarziali fossili (anche dette tradizionaloidi).

Questo mio simpatico accolito è un semi-profano; si è dilettato nel Judo da bimbetto ma sostanzialmente non sa distinguere un'arte da un'altra.

"Ma il cravmagà nun è efficace? E il cungfù nun te piace..?"

Domande a cui ho risposto mille volte su questo blog che però il mio commensale non conosce. Ho brevemente ma minuziosamente rispiegato il perché e il percome non possono funzionare certe cose, e lui a un certo punto con arguzia mi dice:
"Eppure anche il Jiu Jitsu è un'arte tradizionale..ha il kimono".

Cari lettori, era giusta la sua affermazione?
Il BJJ è un'arte marziale tradizionale?
Che si porti un kimono di foggia giapponese c'entra?

(...)

Risposte:
1) Si, il Jiu Jitsu è la PIU' tradizionale delle arti, ma nel senso vero del termine, mentre le arti con scenografie indocinogiappomalesi del 1330 (o quelle rambesche in mimetica) non lo sono; esse sono un presepe che non ha più nulla del tramandare il modo efficace di combattere e quindi sono anti-tradizionali in verità.

2) Si e no. Dal punto di vista della riconoscibilità si capisce che anche un neofita legge un gi alias kimono come qualcosa di "marziale", ma la sua adozione nel BJJ va, come tutto il resto, nel segno della massima efficacia dell'allenamento e basta, non è un abito mascherato tipo quelli di coloro che sventolano spadoni e lance.

Adottare una certa uniforme al fine di massimizzare la produttività dell'addestramento nella lotta è tradizionale, e infatti noi jitsuka lo togliamo a volte il pigiamone, e ci alleniamo nogi se ci va e se serve, con profitto e goduria, senza falsi miti.

Il mio conoscente credo sia rimasto abbastanza soddisfatto della spiegazione, spero anche voi lo stesso.